Greenwashing: la comunicazione che non salva l’ambiente

Affermazioni esagerate, false o ingannevoli. È la conclusione dell’indagine condotta dalla Commissione europea e dalle autorità nazionali di tutela dei consumatori per individuare eventuali violazioni del diritto dell’UE in materia di tutela dei consumatori nei mercati online. Secondo tale indagine, infatti, nel 42% dei casi le campagne di comunicazione di aziende nei più svariati settori, abbigliamento, cosmesi, food, veicolano messaggi ingannevoli sulle pratiche aziendali adottate per ridurre l’impatto dei processi produttivi sull’ambiente.

Il greenwashing (letteralmente “lavaggio verde”, alias dare una patina di ecologismo al proprio business) rappresenta una modalità di comunicazione controproducente. In molti casi, infatti, gli investimenti messi in campo dalle aziende per spot, campagne pubblicitarie, advertising sono ingenti, ma la sempre maggiore attenzione da parte dei consumatori alla sostenibilità e alla tutela ambientale smaschera i retroscena “poco sostenibili” dell’azienda. Non mancano esempi di debacle comunicative, si pensi alle campagne di Eni, Chevron, Shell e Ferrarelle, per citarne alcuni.

Comunicare e condividere progetti, iniziative, strategie è fondamentale per le aziende, ma mantenere una coerenza tra ciò che viene realizzato e ciò che si divulga è essenziale. Oggi, il Management non può non considerare il percepito che l’azienda ha nella società: un dato dell’ultima ricerca condotta da EMG Acqua – condotta su un campione di 2000 consumatori- evidenzia, ad esempio, come il 20% degli intervistati è molto attento e predilige l’acquisto di prodotti e servizi sostenibili. Dunque, la comunicazione e il marketing non possono che apportare valore alle aziende, purché quest’ultime abbiano il coraggio di essere trasparenti con i propri stakeholder.

di Isabel Pepe